Quando Sara Gama, 33 anni, e le compagne di squadra della Juventus nel 2019 hanno giocato per la prima volta all’Allianz stadium di Torino sapevano che il calcio femminile in Italia stava facendo un salto in avanti. Quarantamila persone in uno stadio in cui fino a quel momento avevano giocato solo uomini. A una partita di calcio femminile il record di pubblico era di quattordicimila persone. Per coronare l’evento la Juventus ha battuto la Fiorentina 1-0.
“Era la prima volta che giocavamo in uno stadio così grande e di fronte a tante persone”, racconta Gama, capitana della Juventus e della nazionale italiana. “Stavamo facendo la storia, ma non era l’unica cosa importante che stava succedendo nel calcio femminile”. La squadra della Juventus era nata nel 2017, quando per quelle maschili di serie A e B era diventato obbligatorio averne una. La partita arrivava dopo la qualificazione della nazionale italiana al campionato mondiale di calcio femminile del 2019, un risultato mai raggiunto nei vent’anni precedenti.
Ora Gama e le altre calciatrici della serie A festeggiano un nuovo cambiamento epocale: dal 1 luglio 2022 la Federazione italiana giuoco calcio (Figc) riconoscerà le giocatrici come atlete professioniste, mettendo fine ad anni di stipendi bassi. Gama, 33 anni, è tra coloro che si sono più battute per questo riconoscimento, che rimuove il limite salariale di trentamila euro a stagione e dà diritto ai contributi previdenziali e all’assicurazione sanitaria. Attualmente lo stipendio minimo per una giocatrice di serie A tra i 19 e i 23 anni è di 20.263 euro a stagione, e a partire dai 24 anni è di 26.664 euro. Gama, un simbolo del calcio femminile in Italia, non si aspetta che il suo raggiunga presto il livello dei colleghi uomini.“Di sicuro non siamo come la squadra femminile statunitense, che ha vinto di recente la battaglia per la parità salariale. Sono pragmatica e guardo alla realtà: la prima cosa è ottenere le stesse condizioni di lavoro degli uomini”.
Gama è convinta che il cambiamento rafforzerà la credibilità del calcio femminile italiano all’estero e renderà il campionato più appetibile per sponsor e talenti stranieri. “Aiuterà le squadre a crescere e sarà un vantaggio per tutti”.
L’unica ragazza
Nata a Trieste da madre italiana e padre congolese, Gama da piccola giocava con i ragazzi del quartiere. Poi è entrata in una squadra di calcio giovanile. “Ero l’unica ragazza. Ma per i compagni di squadra, con cui giocavo da bambina, era normale. Quindi ho subito trovato il mio spazio e avuto il loro rispetto. Gli avversari erano sorpresi nel vedere una ragazza in campo”.
Il campionato femminile di serie A esiste dal 1968, ma solo dal 2017 le squadre maschili di serie A e B sono obbligate ad averne anche una femminile.
“La Fiorentina è stata la prima a credere in questo movimento”, dice Daniela Sabatino, attaccante della squadra e della nazionale. “Siamo davvero felici di essere finalmente considerate professioniste”. Sabatino compirà 37 anni a giugno e afferma dice che potrà approfittare dei benefici di un contratto da professionista solo per poco tempo. Ricorda che le donne hanno dovuto dividersi tra allenamenti e altri lavori retribuiti. Non avevano fisioterapisti e giocavano in campi inadeguati. Secondo lei questo passaggio sarà un’opportunità per le nuove generazioni, e spera che anche i mezzi di informazione italiani cominceranno a trattare il calcio femminile con più attenzione. ◆ nv
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Questo articolo è uscito sul numero 1460 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati