◆ I buoni racconti sono cassetti dove è sempre utile frugare. Cristo, lì nel Getsemani, mostra di saper bene che, se la morte è lontana, sono buoni tutti ad aprire bocca e dare fiato, ma quando la fine è prossima, la carne svela tutta la sua debolezza. Puoi comportarti con dignità, resistere al male, ma c’è poco da fare, è scritto che devi bere l’amaro calice fino all’ultima goccia. Infatti Gesù si prende compostamente sputi, schiaffi e flagellazione. Lo conciano, i suoi aguzzini, così per le feste che bisogna chiedere a Simone il cireneo di portar lui la croce. Finché, inchiodato per ore al legno, cede e grida. Il senso di quel grido, rivolto al suo autore, forse va riassunto così: a quale scopo mi stai lasciando in questa tremenda situazione, a che pro tutta questa sofferenza? Mobilita i tuoi settantamila angeli e dà una bella lezione a questi ricchi epuloni, sacerdoti furiosi, politici scaricabarile, traditori prezzolati, militi sadici, spettatori infingardi. Sarà pur vero, santodio, che così è scritto, sarà pur vero che è scritta anche questa mia disperazione. Ma non tutto ciò che è scritto è buono e giusto. Anzi, particolarmente insopportabile è proprio questa scrittura dell’inevitabile, questo spettacolo dello scempio previsto. Il grido di Gesù prima dell’ultimo respiro è proprio ben gridato. Dura nella testa molto più di ogni “sia fatta la tua volontà”.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1456 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati