Ci sono romanzi da cui non ci si può staccare: anche quando si comincia a intuire la direzione della trama, lasciamo che l’autrice ci conduca sul filo del rasoio verso il finale. Per questo l’esordio di Cheluchi Onyemelukwe-Onuobia mi ha ricordato quello di un’altra scrittrice nigeriana, Resta con me di Ayòbámi Adébáyò. Entrambi i titoli, nell’arco temporale di qualche decennio, mettono al centro le esperienze femminili di madri, mogli e lavoratrici in una Nigeria che si divide fra tradizione e occidentalizzazione. Due vite, due donne racconta Julie e Nwabulu che, pur nascendo in contesti diversi, sono costrette dalle circostanze di un sequestro a confrontarsi su quanto i loro destini siano intrecciati. Una è orfana in una famiglia povera che la manda a servizio di una famiglia ricca, l’altra è figlia di una borghesia che le permette di studiare e diventare insegnante. Nonostante le condizioni di partenza molto diverse, entrambe si muovono in una società patriarcale e classista, in cui una donna è “una bambina e una figlia finché non diventa una moglie” oppure si ritiene che i suoi unici compiti siano “pulire, cucinare, raccogliere la legna, fare l’olio di palma, coltivare la terra, vendere, comprare e mettere al mondo figli”. Il libro di Onyemelukwe-Onuobia racconta in maniera semplice e coinvolgente le esistente di due donne, o forse molte di più.
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Questo articolo è uscito sul numero 1489 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati