I trattori che invadono le strade di mezza Europa godono di un consenso popolare, basato forse sull’idea che i manifestanti difendano l’agricoltura tradizionale da innovazioni come la carne coltivata e la farina di grilli. La realtà, però, è un’altra: dai Paesi Bassi alla Francia fino all’Italia, gli agricoltori rivendicano il diritto di continuare a ricevere sussidi europei senza ridurre le loro emissioni inquinanti, che valgono il 10 per cento di quelle prodotte complessivamente dall’economia europea.
Il bilancio comunitario settennale 2021-2027 assegna il 32 per cento dei fondi in cambio di azioni volontarie per ridurre le emissioni sulla base di piani nazionali. Ma i vari movimenti dei trattori non vogliono ridurre l’uso di fertilizzanti e tecniche intensive per non veder diminuire il loro fatturato, cosa che succederebbe con il passaggio al biologico. Secondo la corte dei conti europea, tra il 2014 e il 2020 la politica agricola comunitaria ha già investito cento miliardi di euro, che sono stati dati ai coltivatori per ridurre la loro impronta ambientale. Ma non è stato ottenuto alcun risultato. Le emissioni sono scese tra il 1990 e il 2010 e poi si sono fermate. Nell’Unione europea ci sono 8,7 milioni di agricoltori e i loro voti pesano: così alla fine fanno quello che vogliono. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1548 di Internazionale, a pagina 101. Compra questo numero | Abbonati