Nell’Origine delle specie troviamo un concetto che potrebbe essere una chiave di volta dell’ecoevoluzione. Eccolo qua, tradotto all’impronta dal testo originale:
Non possiamo trovare alcuna regione in cui tutti gli abitanti nativi siano ora così perfettamente adattati gli uni agli altri, e alle condizioni fisiche in cui vivono, che nessuno di essi possa in qualche modo migliorare. Se qualcuna di queste molte specie viene modificata e migliorata (dalla selezione naturale, ndt), altre dovranno migliorare in modo corrispondente o saranno sterminate.
Molti anni dopo, questo concetto è stato chiamato l’Ipotesi della Regina rossa dal biologo statunitense Leigh Van Valen che non l’aveva trovato in Darwin e che se lo è attribuito (capita spesso che le idee sorgano indipendentemente in cervelli differenti…). La Regina rossa è quella di Attraverso lo specchio, che dice ad Alice: d’ora in poi, se vuoi star ferma nello stesso posto devi correre più forte che puoi. Uno dei tanti paradossi di Carroll.
Perché è così importante la Regina rossa? Perché, a parte i cambiamenti dell’ambiente fisico, è l’evoluzione ad alimentare se stessa. Dire che una specie “migliora” significa che trova risposte migliori ai problemi posti dall’ambiente. Le conchiglie dei molluschi marini sono una difesa contro predatori, tipo i granchi. L’analisi dei reperti fossili mostra quella che il biologo Geerat J. Vermeij ha chiamato la corsa agli armamenti ma che altro non è che la Regina rossa (ancora idee parallele). In passato le conchiglie erano più leggere (e deboli) di quelle di oggi e le chele dei granchi erano più piccole. Nel corso del tempo le chele dei granchi si sono irrobustite ma, nello stesso tempo, le conchiglie si sono ispessite. Le conchiglie più spesse hanno garantito la sopravvivenza degli individui che hanno evoluto questa differenza ma, nello stesso tempo, hanno selezionato positivamente i granchi con le chele più robuste. Nelle ere geologiche vediamo una tendenza parallela a evolvere conchiglie sempre più “difensive” e chele sempre più “offensive”.
L’erbivoro corre veloce per sfuggire al predatore, e il predatore deve correre sempre più veloce se vuole acchiappare qualche erbivoro. Ogni cambiamento che avvantaggia una specie svantaggia le specie con cui interagisce (o come competitore o come predatore-preda). Da questo risulta che l’equilibrio non esiste o, meglio, ci troviamo di fronte a un equilibrio dinamico. L’equilibrio c’è, ma cambia sempre. L’evoluzione è come una reazione a catena nel teatro dell’ecologia. Un cambiamento ne causa un altro, e questo ne causa a sua volta un altro (o più) in un susseguirsi di interazioni che possono prendere direzioni molto “strane”. La chela più grande, a un certo punto, può essere utilizzata (cooptata) per la competizione tra maschi per il possesso delle femmine e entrare nell’arena della selezione sessuale, invece che della selezione naturale. Ma le due selezioni non sono separate.
Gli effetti sono misti, non si possono estrarre questi fenomeni dal contesto e studiarli con metodi sperimentali. Perché, anche se fosse possibile, si creerebbero situazioni sì manipolabili, ma non rispondenti alle situazioni reali. Ogni essere vivente si trova esposto a una miriade di problemi che devono essere risolti in tempo reale e tutti insieme. Chi ci riesce meglio resta in gioco, chi non ci riesce viene spazzato via. Nel caso delle conchiglie vede frantumata la sua protezione e nel caso dei granchi muore di fame perché non riesce a rompere le conchiglie. Ma ci può essere un granchio che cambia dieta, e mangia altri granchi, per esempio. Oppure il mollusco diventa velenoso, si difende chimicamente e abbandona la pesante conchiglia. L’evoluzione prende altre strade.
Dato che a me piace la musica (anche se non so suonare neppure il campanello di casa) diciamo che l’evoluzione non è come la musica classica, dove si eseguono brani formalizzati in uno spartito (ma ho visto una lectio magistralis di Muti e ho capito cosa può combinare un direttore d’orchestra a partire da quello spartito), è come una jam session di jazzisti che, secondo dopo secondo, trovano la strada, ognuno suggerendo qualcosa all’altro e da lui (o lei) ricevendo suggerimenti.
Tornando alla corsa agli armamenti, questa metafora può spiegare i vicoli ciechi dell’evoluzione. Una specie può essere spinta a sviluppare moltissimo una caratteristica per far fronte a un problema, per poi ritrovarsi svantaggiata in modo irrimediabile, di fronte ad altri problemi, proprio per quella caratteristica. E’ per questo motivo che le specie di oggi sono così diverse dalle specie di ieri e l’altro ieri. Nulla rimane stabile.
Per la corsa agli armamenti più conosciuta (quella tra Stati Uniti e Unione Sovietica) sappiamo come è andata a finire. Uno dei due è crollato sotto il peso dei propri armamenti. Per fortuna, nell’evoluzione, c’è anche la cooperazione, e il mutualismo. Gli insetti impollinano i fiori e ne ricevono nutrimento. Le microalghe vivono nei tessuti dei coralli. Paguro e attinia se la spassano amichevolmente. Gli uccelli pulitori entrano nelle fauci di terribili predatori e fanno gli igienisti dentali.
Abbiamo molte lezioni da imparare dalla natura. Quale stiamo seguendo, secondo voi? Ci stanno dicendo che la competizione migliora tutto. E se invece fosse la cooperazione a farlo? C’è una precondizione, però, al successo della cooperazione: l’onestà. E qui si apre una pagina dolorosa per il nostro paese.
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