Fiona Apple, Heavy balloon
“Seduto tranquillamente in una terra immaginaria, sento le pulci estive saltare dalla mia gattina sul lucido pavimento di legno”. Questo è l’incipit di Oceano di suono, un libro di David Toop che parla del rapporto tra musica, spazio, quotidianità e storia, tracciando percorsi imprevedibili che partono da Debussy e dalla musica gamelan balinese e arrivano fino a Miles Davis e ad Aphex Twin. Per Toop è il suono, più di ogni altra cosa, a tenere il nostro cervello ancorato alla realtà, ma al tempo stesso è lo strumento migliore per viaggiare con la mente. Si nutre dell’ambiente circostante, ma crea anche un ambiente circostante, come faceva la musica ambient di Brian Eno, uno degli autori più citati nel libro.

Fetch the bolt cutters, il nuovo disco di Fiona Apple, arrivato a ben otto anni di distanza dal precedente The idler wheel…, non è solo un disco pop, ma è un esempio di come il suono può interagire con lo spazio. È nato come un concept album sulla casa della cantautrice a Venice Beach, in California (all’inizio doveva intitolarsi House music). È stato ideato e realizzato tra quattro mura (e in questo senso sembra perfetto per accompagnare il nostro isolamento causato dal coronavirus). Fiona Apple e la sua band infatti hanno registrato quasi tutto a Venice Beach, usando molti strumenti percussivi costruiti a domicilio, tirandoli contro i muri e sbattendoli per terra per creare situazioni imprevedibili. La cantautrice a un certo punto ha suonato anche le ossa della sua defunta cagnolina Janet, che conservava in una scatola in salotto. Inoltre ha lasciato nel mix finale molti suoni sporchi e perfino qualche errore. Nel brano che dà il titolo al disco si sente abbaiare il suo cane attuale, Mercy, e si ascoltano i passi sul pavimento, tra una nota di tastiera e una di contrabbasso. Ed è il ritmo a guidare tutto, il pianoforte arriva quasi sempre dopo. Perfino la voce di Apple, mai così espressiva e imprevedibile, a volte sembra battere come un tamburo.

Fetch the bolt cutters è molto diverso dai soliti album da cameretta ai quali ci ha abituato il pop degli ultimi anni. Qui la casa suona insieme a Fiona Apple, è la sua cassa di risonanza, s’intreccia con i suoi pensieri, i traumi e le memorie, li amplifica e li rimanda a noi, proprio come le pulci estive entravano nelle orecchie di David Toop. E il modo in cui Fiona Apple rende tutto questo coerente attraverso la solita capacità di scrittura e interpretazione è notevole. A tratti la cantautrice raggiunge uno degli obiettivi più difficili: la semplicità assoluta, che non è la banalità. “Suonavamo come suonano i bambini”, ha raccontato in una splendida intervista uscita qualche giorno fa sul New Yorker. È il complimento più bello che poteva fare a se stessa.

La cosa sorprendente di Fetch the bolt cutters è che questo è solo uno dei lati della medaglia. Alcuni potrebbero dire che in realtà è un disco sul femminismo, figlio dell’America del #MeToo. E di prove a sostegno di questa tesi ce ne sarebbero parecchie, a partire dal titolo dell’album, che è ispirato dalla serie tv britannica The fall, dove un’investigatrice indaga su un serial killer che violenta e uccide le donne. In Under the table, un pezzo ricco di raffinati giochi di parole, Apple canta di quando si è sentita usata da un ex fidanzato e dice “Dammi pure un calcio sotto il tavolo, ma non starò zitta”. In For her, un brano che si apre con un battimani e una parte vocale quasi rappata, canta “Good mornin’, you raped me in the same bed your daughter was born in” (Buongiorno, mi hai stuprata nello stesso letto dov’è nata tua figlia): evoca al tempo stesso lo stupro che lei stessa subì a dodici anni a New York ed esprime la sua rabbia per la nomina di una persona accusata di molestie sessuali, Brett Kavanaugh, a giudice della corte suprema da parte di Donald Trump.

Ma forse neanche questo basta a spiegare tutto. Fetch the bolt cutters, potrebbe obiettare qualcun altro, è una raccolta di canzoni che parlano di salute mentale, è un viaggio nelle ossessioni e nei demoni della sua autrice, che da anni soffre di attacchi di panico e altri problemi psicologici ed è anche per questo che sta molto in casa. Ancora una volta Fiona Apple si è dimostrata capace di raccontare la sua vita, anche i lati più tragici, con poesia e ironia. Per esempio in Shameika ricorda il suo rapporto con i bulli a scuola, con un piglio da vaudeville per sdrammatizzare la paranoia. In Heavy balloon, un pezzo così bello da far invidia al David Byrne più ispirato, riflette sulla depressione, paragonando la sua condizione a quella di tenere in mano un palloncino molto pesante.

Fetch the bolt cutters è un disco così bello e ricco di spunti che al momento lascia perfino un po’ disorientati e dimostra ancora una volta quanto Fiona Apple sia una cantautrice di serie A. Ascoltando questi brani sembra di stare affianco a lei, in casa sua, mentre i fantasmi fanno capolino da ogni parte. È un universo sonoro compiuto, anche se è nato e cresciuto tra quattro mura. Un atto di libertà artistica pura.

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Jamie XX, Idontknow
Il nuovo singolo di Jamie XX è un omaggio alla pista da ballo, in un momento in cui (chissà per quanto ancora) questo luogo non è altro che un ricordo. Il pezzo esiste da un po’ di tempo ed era già stato suonato da Jamie XX ad alcuni dj set, ma nessuno sapeva che fosse suo. Anche artisti come Four Tet e Caribou l’avevano inserito nei loro set. È un brano molto percussivo, abbastanza distante dai suoni più delicati dell’esordio In colours.

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Bon Iver, Pdlif
Nel suo nuovo singolo, pubblicato per raccogliere fondi per l’organizzazione umanitaria Direct relief, Justin Vernon lancia un messaggio di speranza. Il pezzo s’intitola Pdlif, che sta per “Please don’t live in fear”. I Bon Iver ovviamente hanno lavorato sulla canzone da remoto, passandosi i file via internet. Non è un capolavoro, ma è per una buona causa.

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Clap! Clap!, Mandragora
Mi mancavano i beat indiavolati di Cristiano Crisci, in arte Clap! Clap! Questo è il secondo singolo estratto dal nuovo disco del producer toscano, che dovrebbe arrivare presto. E non delude, tanto per cambiare.

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Tre Allegri Ragazzi Morti, Quando
Da un italiano all’altro. I Tre Allegri Ragazzi Morti hanno scritto una canzone sulla quarantena. S’intitola Quando ed è una ballata rock delicata, con delle chitarre un po’ alla Pavement, composta insieme a Generic Animal. Davide Toffolo canta “Dimmi quando potrò passare a prenderti, non dirmi mai più di no”, e ci fa venire un bel magone. Ma è anche un inno alla libertà, un invito a non abbassare la guardia nonostante l’isolamento.

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P.S. Playlist aggiornata, buon ascolto!

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