Taylor Swift, Cardigan
Era inevitabile che prima o poi una delle grandi popstar mondiali facesse una mossa. Finora il covid-19 aveva convinto quasi tutti gli artisti famosi a fermarsi, a non pubblicare niente. Ma Taylor Swift ha rotto il ghiaccio. Il 24 luglio la cantautrice di West Reading ha pubblicato a sorpresa Folklore, il suo nuovo album. Il disco è stato registrato durante il lockdown insieme al solito stuolo di collaboratori illustri, che hanno ovviamente lavorato a distanza: c’è il fidato Jack Antonoff, coautore di 1989 (che può forse essere snobbato dal pubblico “alternativo”, ma resta un ottimo album), ci sono i gemelli Dessner direttamente dai National, una delle band indie più celebrate degli ultimi anni, e c’è perfino Justin Vernon dei Bon Iver (nei brani Exile e Peace). Insomma, siamo più dalle parti di Sufjan Stevens che del pop da classifica al quale ci aveva abituato la cantante.

Folklore è un disco pop con un vestito indie folk, pensato forse per arrivare a un pubblico diverso da quello che finora ha seguito Taylor Swift. Le canzoni hanno toni autunnali, evocati già dalla copertina, e flirtano con la tradizione americana tra chitarre acustiche, pianoforti e archi. L’album arriva dopo una serie di lavori abbastanza evitabili (Reputation, Lover) e si capisce che Swift ha voluto dare un’immagine più matura di sé, a partire dal singolo Cardigan, nel quale insegue Lana Del Rey. Il lavoro sugli arrangiamenti fatto dai gemelli Dessner è impeccabile e Swift si dimostra un’interprete solida dal punto di vista vocale.

Molti giornali, anche autorevoli, hanno già esaltato il disco a poche ore dall’uscita (il Guardian, per esempio). Ma forse Folklore merita un giudizio un po’ meno enfatico. È un lavoro ben confezionato, fatto con gusto, ma non dimostra una grande urgenza espressiva, anche se non mancano episodi di ottimo pop acustico, come The last great American dynasty, brano dedicato all’artista e filantropa degli anni sessanta Rebekah Harkness, e il numero finale per piano e voce Hoax. A dirla tutta, altre cose non tornano: il cameo di Bon Iver in Exile suona un po’ posticcio, per esempio. Ma il tentativo di Swift di sterzare e provare questa nuova direzione va apprezzato. Certo, 1989 era un’altra cosa.

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J. Cole, The climb back
In attesa che Kanye West pubblichi il suo nuovo disco (è in ritardo? Strano!), consoliamoci con uno dei migliori rapper statunitensi. J. Cole è nato in una base militare tedesca è cresciuto nel North Carolina e nel 2018 ha pubblicato un grande album intitolato KOD, un’amara riflessione sul rapporto tra giovani e droga nei quartieri poveri statunitensi.

Ora J.Cole è tornato con un nuovo ep intitolato Lewis Street, dal nome di una via di Fayetteville, la sua città, che anticipa il sesto disco The fall off. Come altri brani del suo repertorio, anche The climb back è intriso dei suoi traumi personali e di quelli della comunità nera.

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Rolling Stones, Scarlet
I Rolling Stones in studio con Jimmy Page, nel 1973. Basterebbe questo per scatenare la nostra curiosità nei confronti di Scarlet, un inedito messo online dalla band britannica come antipasto della ristampa del disco Goats head soup (nei negozi dal 4 settembre). “Da quello che mi ricordo entrammo nella sala prove mentre suonavano ancora i Led Zeppelin”, ha dichiarato Keith Richards, “loro se ne stavano andando e noi avevamo prenotato l’ora successiva e credo che a quel punto Jimmy abbia deciso di restare”.

Scarlet in realtà è poco più che una demo, ma non è niente male sentire le corde di Keith Richards e Jimmy Page che si rincorrono dietro la linea vocale di Mick Jagger. Bei tempi.

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Nicolas Jaar, Telahora
Il 2020 non è ancora finito e Nicolas Jaar ha già pubblicato tre dischi: l’ultimo episodio della serie è Telas, un disco ambient formato da quattro brani. L’album del producer cileno statunitense comincia con Telahora, un pezzo dove spicca uno dei suoi strumenti preferiti negli ultimi tempi: il corno. House, pop alternativo, ambient, Nicolas Jaar sa fare proprio tutto. E bene.

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Omar Rodríguez-López, Vanishing tide
Molti conoscono Omar Rodríguez-López come il chitarrista degli At The Drive-In e dei Mars Volta, ma il musicista portoricano in questi anni si è dedicato a molte altre cose. Tra queste c’è il progetto che porta il suo nome, che ha appena pubblicato un cofanetto in tre cd intitolato The clouds hill tapes parts I-III. Dentro c’è anche questo splendido brano, arricchito da una bella performance vocale della cantante Virginia García Alves.

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P.S. Playlist aggiornata, buon ascolto!

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