In quasi tutti i paesi dell’Unione europea cala la percentuale di persone che vivono in condizioni di grave povertà materiale: nell’ultimo anno sono passate dal 9 all’8,2 per cento. Secondo Eurostat il dato riguarda anche l’Italia, dove però la diminuzione va più lentamente rispetto alla media europea: il calo è pari allo 0,1 per cento, dall’11,6 del 2014 all’11,5 per cento del 2015. Il che significa che al giorno d’oggi quasi sette milioni di italiani vivono in condizioni di grave deprivazione materiale, facendo dell’Italia il paese europeo con più poveri in termini assoluti (e collocandola al diciassettesimo posto, tra Croazia e Slovacchia, in termini percentuali).
Secondo Eurostat nei 28 paesi dell’Unione europea nel 2015 vivono 41 milioni di poveri, circa otto cittadini su cento. Le persone più soggette alla povertà sono i genitori single con figli a carico: nell’Unione europea è povera circa una famiglia monoparentale su sei (il 17,3 per cento dei genitori single rispetto all’11 per cento dei single senza figlio a carico). La situazione in Europa è eterogenea e in alcuni paesi il dato è molto drammatico: in Grecia, per esempio, circa il 22 per cento dei cittadini vive in stato di povertà e secondo un recente rapporto dell’Unicef, la percentuale sale tra i genitori single al 36,6 per cento e tra i bambini al 25,3 per cento. Dopo la Grecia figurano solo Romania e Bulgaria, rispettivamente con il 24,6 e il 34,2 per cento della popolazione.
In Italia la povertà cala meno velocemente che nel resto d’Europa per una questione prima di tutto strategica. “Specialmente nelle grandi città si continuano a sostenere azioni d’emergenza legate a obiettivi immediati invece che piani di intervento lungimiranti”, spiega Girolamo Grammatico, tra gli organizzatori della Notte dei senza dimora a Roma e coordinatore della comunità Emmaus di Zagarolo. “Affidandosi quasi esclusivamente al privato sociale le amministrazioni non riescono a sviluppare un apparato e una cultura propria di contrasto alla miseria”.
In Italia esiste un’alleanza di 35 organizzazioni che operano con lo scopo di introdurre il reddito di inclusione sociale: uno strumento che integra il sostegno al reddito a un’adeguata politica dei servizi con il fine di reintegrare nella società chi vive in povertà. “Al reddito di inclusione sociale vanno aggiunte altre misure,” spiega Ferruccio Ferrante, responsabile della comunicazione di Caritas Italia, “serve una vera politica di integrazione dei cittadini immigrati, prevenendo così anche la radicalizzazione di gruppi, e un’azione nazionale contro la dispersione scolastica che toglie futuro ai giovani e competitività al paese”.
Su quante persone può fare affidamento una persona povera, anche per motivi non economici?
Eurostat inserisce nella categoria di grave povertà materiale le persone (o i nuclei familiari) che non riescono ad affrontare una serie di spese primarie. In sostanza, ricade nel calcolo statistico chi non può permettersi almeno quattro dei beni elencati nella lista indicativa di Eurostat. Nella lista appaiono l’affitto, il riscaldamento, un’alimentazione adeguata, una vacanza di una settimana nell’arco di un anno e alcuni beni materiali come una lavatrice, un televisore e un telefono.
“È una definizione solida, che blinda l’argomento povertà in un contesto che fa del bene materiale il centro di tutto”, spiega Grammatico, “ma sarebbe utile immaginare una definizione che includa le relazioni. Su quante persone può fare affidamento una persona povera, anche per motivi non economici?”, chiede Grammatico, sottolineando il carattere multidimensionale della povertà. I dati di Eurostat sono uno degli strumenti necessari per comprendere il problema della povertà in Europa, ma non certo l’unico.
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