Dopo aver fallito all’inizio della pandemia di covid-19, l’Unione europea sta cercando di non mancare l’appuntamento con la ripartenza, e lo fa con un’audacia inattesa. L’ora delle decisioni non è ancora arrivata e restano da portare avanti diversi negoziati prima di ottenere un accordo dei 27, ma è evidente che la crisi attuale potrebbe infrangere diversi tabù.

Il 27 maggio la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha presentato il suo piano di rilancio. A stupire non è tanto la somma – 750 miliardi di euro, ennesima cifra astronomica a saltare fuori in questo periodo – ma il metodo adottato, assolutamente inedito.

Se ci sarà un accordo sul piano, la somma sarà infatti divisa tra 500 miliardi di sovvenzioni ai settori e alle regioni più colpite dalla pandemia, come proposto recentemente da Emmanuel Macron e Angela Merkel, e 250 miliardi di prestiti. L’aspetto cruciale è che il denaro sarà restituito dall’Europa collettivamente. Questa è la prima rivoluzione.

Un processo nuovo
La seconda è la creazione di risorse proprie per la Commissione europea, tra cui una tassa sulle aziende di internet (che probabilmente produrrà una certa tensione con i giganti statunitensi) e una carbon tax sulle importazioni da paesi con norme ambientali deboli. Anche questa è una novità.

Resta da superare l’opposizione dei paesi “frugali” (Austria, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia), che sono parte fondamentale dell’ingranaggio di questo sistema. Tuttavia alcuni di essi hanno già superato l’opposizione all’idea di un prestito comune, fatto impensabile fino a poche settimana fa, un po’ come la conversione di Angela Merkel.

Da quando la coppia franco-tedesca ha trovato un’intesa, lo scorso 18 maggio, si è messo in moto un processo nuovo, e la Commissione ha costruito la sua proposta tenendo conto di questo assetto.

Ancora una volta una grande crisi potrebbe permettere all’Europa di fare un passo in avanti

L’argomento più solido a favore della solidarietà verso i paesi più colpiti come Italia e Spagna (che saranno i principali beneficiari del piano, anche se non gli unici) è quello della prosperità comune. I Paesi Bassi o la Danimarca, infatti, devono parte della propria ricchezza al mercato unico, dunque hanno tutto l’interesse a favorire la ripresa economica dei paesi in difficoltà.

Ancora una volta una grande crisi potrebbe permettere all’Europa di fare un passo in avanti. Oggi gli specialisti si domandano se l’Unione non stia vivendo un momento “hamiltoniano”, con riferimento ad Alexander Hamilton, che nel 1790 aveva convinto i neonati Stati Uniti d’America a creare un debito comune, ponendo così le basi del federalismo americano.

Non siamo ancora arrivati a tanto, e oggi non è detto che i popoli europei abbiano una gran voglia di federalismo, soprattutto considerando il ritorno in voga delle frontiere.

Ma se questo federalismo de facto sottinteso dalla proposta di un debito collettivo s’imporrà, rafforzerà l’idea di un destino comune degli europei che i padri fondatori avevano in testa, e che progredisce solo nei momenti di sofferenza.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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