Un anno fa Xi Jinping e Vladimir Putin hanno decretato che l’amicizia tra la Cina e la Russia è “senza limiti”, e da allora il mondo intero si chiede dove siano davvero i limiti. Una nuova occasione per cercare una risposta arriverà con la visita di tre giorni che il presidente cinese effettuerà in Russia a partire dal 20 marzo.
L’evento è importante per diversi motivi. Prima di tutto per la tempistica: la Corte penale internazionale, infatti, ha appena spiccato un mandato d’arresto nei confronti di Putin per il suo ruolo nell’invio forzato di migliaia di bambini ucraini in Russia. Per il presidente russo non c’è risposta migliore alla giustizia internazionale (da lui disconosciuta) che mostrarsi in compagnia del capo di un grande paese, membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu al pari della Russia. Davvero qualcuno può credere che Putin sia isolato quando il presidente di un miliardo e mezzo di cinesi gli rende visita?
Questa prospettiva rafforza il carattere politico della presenza di Xi. Incontrando un uomo ricercato dalla giustizia, il numero uno cinese rafforza il fronte comune tra le due potenze contro un ordine internazionale modellato dagli occidentali. Nel caso specifico, la tesi di Xi è corretta quanto meno a metà, perché anche gli Stati Uniti, come Russia e Cina, non riconoscono l’autorità della Corte penale internazionale. Un paradosso eloquente.
Sottile equilibrismo
Se la dimensione politica è chiara, resta da scoprire quale sarà l’impatto concreto della visita di Xi, a cominciare dall’argomento chiave dell’ultimo anno: fino a che punto arriverà il sostegno cinese? Forse fino alla consegna di armi letali alla Russia?
Finora la Cina si è ben guardata dal compiere questo passo, malgrado un sensibile aumento degli scambi russo-cinesi. La consegna di armi, infatti, comporterebbe inevitabilmente sanzioni da parte della comunità internazionale, in un momento in cui l’economia cinese vive una fase di rallentamento.
Il mese scorso la Cina ha proposto un piano di pace per l’Ucraina che non conteneva nulla di concreto
In realtà è più probabile che Xi compia un numero di sottile equilibrismo, tra una forte retorica antiamericana e la volontà di presentarsi al mondo come uomo della pace (diversamente dagli americani, sottinteso).
Il mese scorso la Cina ha proposto un piano di pace per l’Ucraina che non conteneva nulla di concreto, e nel corso di questa visita potrebbe compiere un ulteriore passo, non fosse altro che per consolidare l’immagine pacifica di Pechino tra i paesi del sud globale.
Davvero Xi potrebbe facilitare la fine della guerra? Allo stadio attuale sembra di no, almeno a giudicare dalle due visite altamente simboliche compiute da Putin alla vigilia dell’arrivo del presidente cinese. Il capo del Cremlino si è recato in Crimea, annessa nel 2014, e per la prima volta a Mariupol, la città costiera ucraina conquistata l’anno scorso al prezzo di perdite enormi e da cui proviene un migliaio di bambini portati in Russia.
Queste visite non fanno pensare a un uomo pronto a mettere fine a una guerra che ai suoi occhi è ormai uno scontro di civiltà. Al contrario, costituiscono un gesto di sfida, il segnale che la guerra non è affatto finita.
Xi, dal canto suo, ha un’agenda diversa da portare avanti. Il suo piano è politico e si basa sugli interessi della nuova superpotenza emergente. Pechino non vuole abbandonare Putin, ma al contempo non intende lasciarsi trascinare in una guerra che non è la sua e soprattutto si preoccupa del ruolo della Cina nel mondo, mentre le tensioni con gli Stati Uniti aumentano. Bisognerà capire se l’equilibrismo cinese sopravvivrà a questa visita di tre giorni a Mosca.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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