L’esercito israeliano ha bombardato la Striscia di Gaza, dove continuano i combattimenti a Shujaiya, nel nord, e a Rafah, nel sud, a seguito di un ordine di evacuazione della regione che ha costretto decine di migliaia di palestinesi a un nuovo esodo.

Al confine settentrionale di Israele con il Libano, gli scambi di fuoco tra l’esercito israeliano e Hezbollah, potente movimento islamista alleato del palestinese Hamas, hanno fatto temere un’estensione della guerra.

Il 4 luglio l’esercito ha riferito di allarmi missilistici e raid aerei in tutto il nord di Israele, fino alle alture occupate del Golan, il giorno dopo che Hezbollah ha sparato sul territorio israeliano e Tel Aviv ha eliminato uno dei suoi comandanti.

Hezbollah ha affermato di aver lanciato più di duecento razzi contro diversi obiettivi israeliani. A quasi nove mesi dall’inizio della guerra nella Striscia di Gaza, Hamas ha affermato di aver inviato ai paesi mediatori nuove “idee” per un cessate il fuoco, che Israele ha detto di stare “valutando”.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito che la guerra terminerà solo una volta “raggiunti gli obiettivi”, tra cui “la distruzione di Hamas e la liberazione di tutti gli ostaggi” rapiti il 7 ottobre durante l’attacco a Israele da parte del movimento islamista palestinese.

I bombardamenti e i combattimenti continuano senza sosta in tutto il territorio, nonostante Netanyahu abbia annunciato il 23 giugno l’avvicinarsi della fase “intensa” della guerra.

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A seguito di un nuovo ordine di evacuazione emesso dall’esercito israeliano il 1 luglio, decine di migliaia di palestinesi hanno lasciato le zone orientali di Rafah e Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, in cerca di acqua, cibo e riparo.

La più grande città del sud della Striscia di Gaza, da cui l’esercito si è ritirato all’inizio di aprile dopo una battaglia durata diversi mesi, si è trasformata in un campo di macerie.

L’appello all’evacuazione, che riguarda 250mila persone in un’area di 117 chilometri quadrati, cioè un terzo della Striscia di Gaza, è “il più grande” dopo quello rivolto agli abitanti del nord di Gaza nei primi giorni della guerra, ha sottolineato l’Onu.

Il 4 luglio i combattimenti accompagnati da esplosioni hanno imperversato nel campo profughi di Shabura a Rafah, secondo fonti palestinesi, mentre colpi di artiglieria sono stati segnalati a Yabna, un altro campo profughi della città, e nella parte orientale di Khan Yunis.

Israele non ha indicato se ci sarà una nuova operazione su larga scala nel sud, ma i suoi ordini di evacuazione sono di solito un preludio a intensi combattimenti.

Dopo aver avanzato da nord, il 7 maggio l’esercito ha lanciato un’operazione di terra nella città di Rafah, al confine con l’Egitto, all’epoca presentata come la fase finale della guerra, che aveva costretto alla fuga un milione di palestinesi.

Ma nelle ultime settimane sono ripresi i combattimenti in diverse regioni che l’esercito aveva detto di controllare.

L’attacco di Hamas in territorio israeliano del 7 ottobre ha causato almeno 1.194 vittime in Israele, secondo un conteggio dell’Afp basato sugli ultimi dati israeliani disponibili. Durante l’attacco Hamas ha anche rapito 251 persone, e 116 sono ancora detenute a Gaza, 42 delle quali sono morte, secondo l’esercito.

In risposta, Benjamin Netanyahu ha promesso di distruggere Hamas, al potere a Gaza dal 2007 e considerata un’organizzazione terroristica da Stati Uniti, Unione europea e Israele. L’offensiva israeliana a Gaza ha provocato finora 37.953 vittime, la maggior parte delle quali civili, secondo i dati del ministero della sanità del governo di Gaza guidato da Hamas.

La guerra ha causato un disastro umanitario nel territorio assediato, dove l’acqua e il cibo scarseggiano, gli aiuti arrivano in quantità insufficienti e 1,9 milioni di abitanti, ovvero l’80 per cento della popolazione, sono sfollati, secondo le Nazioni Unite.

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