Qualcuno a me caro una volta mi disse che la maturità consiste nell’avere coscienza di dove arriva il tuo braccio, ovvero che diventi grande quando comprendi lo spazio che occupi o invadi, la misura del tuo pugno o della tua carezza. Un’immagine che rievoco spesso, io che sono impacciato nei movimenti e che ancora oggi urto vasi di ceramica con gesti improvvisi, io che non sempre vedo ciò a cui mi aggrappo. La britannica Channel 5 trasmise anni fa Touch the truck, un reality in cui venti concorrenti erano aggrappati a un camion parcheggiato in studio. La sfida, ripagata con un montepremi di più di 60mila euro, consisteva nel rimanere il più tempo possibile con almeno un braccio a contatto con la carrozzeria, salvo rare pause per andare in bagno e mangiare. Anche pochi secondi di distacco, dovuti magari a distrazione, avrebbero portato all’eliminazione. Il vincitore rimase appiccicato per 81 ore, 43 minuti e 31 secondi. Altri furono presi da allucinazioni, un rifugiato kosovaro cominciò a cantilenare nella lingua madre, un altro si convinse di stare su un transatlantico in mare aperto, altri ancora finirono in ospedale. Lo show ebbe grande successo, anche se di breve durata. A integrazione della suggestione che mi regalò la persona a me cara, aggiungo la dichiarazione di uno dei concorrenti: “Ho cominciato a stare meglio quando, dimenticando il braccio, sono diventato un pezzo del camion”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1564 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati