L’esordio di Rachele Salvini, livornese trapiantata negli Stati Uniti, è un romanzo che non si lascia posare. Lena è una ragazza privilegiata che cresce a Livorno, si sente sempre fuori posto, nel corpo, nella famiglia, tra gli amici, nelle relazioni. Sa solo che vuole fare la giornalista musicale: essere come Patti Smith, il nome di una donna in un’antologia sulla scrittura del rock’n’roll. L’altra faccia della medaglia è Dixon: di umili origini, pestato dal padre, abbandonato dalla madre, trova sollievo nella birra, nella droga e nella sua chitarra. In mezzo c’è tutto ciò che un romanzo di formazione può offrire: il rapporto con l’estetica e il proprio corpo, relazioni disfunzionali e tossiche, famiglie basate sull’abuso. A tratti, nei momenti più bassi e più alti dei protagonisti, la trama è eccessiva, un vortice di eventi che rimanda l’inevitabile, e forse questo è l’unico difetto del libro. Mi piace invece il modo in cui l’autrice espone le dinamiche di classe, e quindi le contraddizioni dei personaggi, che si specchiano e si deformano nelle loro relazioni. Chi sono davvero Lena e Dixon è un’ambiguità anagrafica, transitoria per i più, ma per loro chissà. Un libro che fa leva sull’adolescente che è in noi: l’essere una pagina vuota su cui incombe la possibilità di scarabocchiare qualunque cosa, ma su cui inevitabilmente sarà scritta la storia sbagliata. E allora? No big deal. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1558 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati