La spesa militare favorisce la crescita o la ostacola? Le risorse per carri armati, cannoni, missili e soldati potrebbero essere spese in modo diverso per sanità, welfare e istruzione (spese apprezzate dai cittadini, ma che hanno un’incidenza sul pil più difficile da quantificare). Però i miliardi investiti per la difesa possono anche generare innovazioni che poi trovano applicazioni in ambito civile: da internet, nata come rete di comunicazione militare, ai semiconduttori, che non si sarebbero sviluppati così senza la necessità di usarli nei sistemi di guida dei missili balistici.
Non c’è una prova empirica definitiva dell’impatto (positivo o negativo) della spesa militare sulla crescita; dipende anche se si spende per gli stipendi dei militari o per la tecnologia, e se la tecnologia si produce o si compra. Il Kiel Institute stima che un aumento della spesa per la difesa europea dal 2 al 3,5 per cento produrrebbe un aumento della crescita tra lo 0,9 e l’1,5 per cento del pil, oltre a un po’ d’inflazione.
Il dilemma di fronte a questi calcoli è sempre lo stesso: ma noi che prezzo diamo alla nostra sicurezza? E qual è la probabilità che i rischi peggiori si materializzino? ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1607 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati