Graham Thorpe è stato uno dei più grandi battitori britannici della sua generazione. Per anni, però, la sua vita e la sua carriera da giocatore di cricket sono state segnate da un divorzio di cui si è letto tutto sulle pagine dei tabloid. Soffriva di depressione e lo scorso agosto si è suicidato. L’apice della sua carriera ha coinciso con gli anni in cui alcuni quotidiani usavano metodi criminali per frugare nella vita privata di chiunque avesse un profilo pubblico. Thorpe è diventato, per sua sfortuna, un danno collaterale nella corsa alle vendite. Lo stesso vale per l’ex commissario tecnico dell’Inghilterra Sven-Göran Eriksson, la cui vita privata era diventata un’ossessione per quei giornali che oggi ne scrivono il necrologio. I processi hanno dimostrato che i giornalisti hanno spiato varie volte illegalmente nel suo telefono, preoccupandosi più della sua vita sentimentale (e delle copie vendute) che delle capacità di allenatore.

Avete la sensazione che tutto questo appartenga al passato? Merito dello Human rights act, una legge approvata nel 1998 dal parlamento britannico, che impone ai giornalisti di tenere in equilibrio il diritto alla libertà d’espressione e quello alla privacy. Oggi nel Regno Unito un giornalista deve poter dimostrare che una notizia ha un interesse pubblico se vuole divulgare dettagli su una persona.

La libertà d’espressione è una questione di norme sociali ed equilibri legali. Non è un diritto assoluto, tranne che nella mente di libertari come Elon Musk

La libertà d’espressione è una questione di valutazioni, di norme sociali e di equilibri legali. Non è un diritto assoluto, se non nella mente di libertari come Elon Musk. Perfino lui dev’essere consapevole del fatto che è meglio non urlare “Al fuoco!” dentro un cinema. Eppure, durante le violenze seguite ai fatti di Southport, quando ad agosto in tutto il Regno Unito sono scoppiate proteste contro l’immigrazione organizzate da gruppi di estrema destra, non ha fatto altro che gettare benzina sul fuoco con le sue dichiarazioni. Musk è convinto che la libertà d’espressione coincida con la verità, come se conoscesse il Saggio sulla libertà del 1859 di John Stuart Mill, in cui il filosofo scriveva: “Le opinioni e le pratiche erronee cedono gradualmente ai fatti e agli argomenti”.

Il giornalista Toby Young l’ha messa così sul canale GB News: “Dobbiamo permettere alle persone di farsi un’opinione su ciò che è falso e ciò che è vero; sulla disinformazione e sull’informazione affidabile; e se qualcosa è disinformazione, alla fine sarà sconfitta nell’arena pubblica, in una lotta libera e aperta”. C’è da chiedersi se Musk e Young ci credano davvero. Anche ai tempi di Mill c’erano i guardiani dell’informazione, soprattutto editori di giornali e libri, e milioni di persone non avevano voce in capitolo nel dibattito pubblico dell’epoca.

Oggi miliardi di individui sono connessi e abitano gli stessi spazi digitali. Ma l’idea di Young secondo cui esiste una “lotta libera e aperta” per la buona informazione è delirante. L’utente medio di X ha circa settecento follower. Elon Musk ne ha 196 milioni, quindi la sua voce è 280mila volte più potente. L’imprenditore, però, ha insistito perché la sua piattaforma fosse riprogettata per amplificare le sue opinioni. Ora esercita un dominio intergalattico sul dibattito pubblico. Nel momento in cui twitta informazioni false mentre delle bande si aggirano per le strade cercando di dare fuoco agli alberghi che ospitano i richiedenti asilo, si comporta come Donald Trump quando ha alimentato l’insurrezione del 6 gennaio 2021.

Musk naturalmente è un grande ammiratore di Pavel Durov, arrestato di recente in Francia e accusato di non aver fatto niente per impedire che la sua piattaforma, Telegram, fosse usata per promuovere pedopornografia, traffico di droga, terrorismo e altro. L’arresto di Durov è stato accolto con rabbia da diverse persone vicine a Vladimir Putin e con sgomento da personaggi come Musk. Per loro si tratta di un atto di censura. Nel mondo di Musk la libertà d’espressione ha la meglio su tutto, a prescindere da quanto siano gravi i danni che può provocare.

Ovviamente ci sono argomenti legittimi a favore della crittografia end-to-end che protegge la privacy: i dissidenti politici possono evitare la persecuzione, i giornalisti evitano la sorveglianza dello stato, e così via. Ma l’arresto di Durov e i recenti ammonimenti dell’Unione europea a X suggeriscono che la resa dei conti è vicina.

Proprio come i giornali alla fine sono stati messi in riga dopo aver agito impunemente per anni, così i nuovi signori dell’informazione stanno per scoprire che ci sono dei limiti alla libertà d’espressione. Nel frattempo, smettiamola di pensare che viviamo in un’epoca di “lotta libera e aperta”, in cui la verità può avere la meglio nelle nuove giungle selvagge come quella creata da Musk. John Stuart Mill era un grande pensatore, ma non ha mai dovuto vedersela con un algoritmo. La nostra epoca ha bisogno di nuovi filosofi, e in fretta. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1579 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati