Complesso spettro di Stellan Veloce, compositore e violoncellista di origine sarda (territorio da cui arrivano alcuni dei progetti più ambiziosi della musica italiana contemporanea, anche attraverso la diaspora), è un mini album fatto da due brani, Brackish e Briny. Il primo deriva da un’improvvisazione a cui sono state aggiunte delle “toppe” in una seconda fase – altri sassofoni e percussioni –, giusto per amplificare la delicata sensazione di mostruosità e d’invenzione che si ha mentre si ascolta il brano. Così nasce una creatura frankensteiniana in cui le cuciture non reggono fin dall’inizio e la materia sonora percola in qualcos’altro, ma in maniera fluida e senza assalti.
Questo afflato romantico distorto si percepisce anche in Briny, che non è esattamente un controcanto rispetto al primo brano: il rapporto tra i due ricorda un po’ la progressione ritmica e la successione sonora nei film di Chris Marker. Nella mia testa infatti Stellan Veloce ha creato una colonna sonora immaginaria per un film di Marker che non uscirà mai. Con le sue influenze berlinesi, che stanno soprattutto nel supergruppo creato per registrare il disco in un clima di collaborazione irrazionale ma allo stesso tempo tecnicamente precisa, gli strumenti locali (le launeddas sarde) che ritrovano un senso proprio nella loro decontestualizzazione brutale (Complesso spettro esce per la tedesca Hyperdelia), Stellan Veloce spazia tra noise anni novanta (lo si sente brevemente in Brackish, come una reminiscenza magica), free jazz e una timida ma convincente psichedelia. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1456 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati