Sì, la scuola è in crisi. Da quando? Da sempre, tanto che ormai non riusciamo più a ragionarne e a raccontarne senza abbinare stabilmente le due parole: scuola e crisi . Lo sottolinea Christian Raimo in L’ultima ora (Ponte alle Grazie), libro appassionato che offre una informatissima ricognizione dell’attuale stato dell’arte scolastica tra libri, film, attacchi e contrattacchi. Al centro una giusta polemica: accantoniamo i piagnistei del passato e del presente, specie se di maniera. “La crisi attuale del sistema scolastico pubblico”, dice Raimo, “è molto più severa: riguarda il senso stesso dell’educazione come pratica di emancipazione, quella felice formula costituzionale che parla di rimozione degli ostacoli e pieno sviluppo della persona umana”. Vero. Come è vero che gli ormai numerosi decenni di scuola repubblicana non sono riducibili solo a giaculatorie sulla crisi. Ci sono non poche tracce di reinvenzione, di dura fantasiosa resistenza virtuosa, di lucida analisi dei problemi enormi che il mondo di fuori nasconde dentro le aule come se fossero i tappeti della metafora. Raimo lo sa, ne dà ricca documentazione. Ammettiamo pure, conclude, il disastro incombente, analizziamolo anzi con spietata attenzione. Ma soprattutto chiediamoci: “È vero che la scuola pubblica va così male o non è forse la retorica dell’irrimediabilità a portare a danni veri?”.

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Questo articolo è uscito sul numero 1488 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati