Scorro l’articolo dal titolo “Manuel Agnelli si commuove”, realizzando in un secondo tempo che a intrigarmi non è l’oggetto della commozione, ma il turbamento stesso del giurato di XFactor (Sky). A cadenza settimanale, il bollettino del talent si racconta attraverso le reazioni dei giudici, che negli anni hanno scalzato la centralità degli artisti emergenti, ponendo al cuore della commedia il gioco di specchi tra le performance, spesso anticipate dal racconto del disagio, e i loro occhi umidi che muovono noi pubblico suscettibile verso rievocazioni malinconiche, ripiegamenti nostalgici in cui ciascuno può trovare il proprio dolore. I giurati di XFactor hanno assunto nel tempo le fattezze delle antiche prefiche, donne pagate per piangere alle funzioni funebri e per garantire con la recitazione solennità e strazio al rito. Fa sempre specie assistere all’emotività di un giudice, che anche nella finzione tv vorremmo imparziale e distaccato, capace d’intendere e di volere mentre va a sentenza. E quando Agnelli o la collega togata Emma Marrone dicono “mi sei arrivato molto” ci si chiede quali pertugi affettivi abbiano titillato le performance, sedute di autocoscienza che trovano il loro riscatto di fronte all’esibizione del tipo stonato o della tizia immotivatamente euforica. È lì che alle lacrime subentrano i sorrisini e gli ammiccamenti, al trasporto il bullismo, restituendo al giudice la definizione del poeta: “È una carogna di sicuro”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1431 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati