Telefonai una sola volta alla tv. Alzata la cornetta, invece di limitarmi al nome e alla città – Giorgio da Roma – dissi anche cognome e professione, manco fossi un politico. Il conduttore fece una battuta del tipo: “Ah, però”, in studio risatine, io balbettai alcune sciocchezze e caddi in depressione. Questo il mio rapporto con il combinato disposto telefono-tv. Che invece ha una storia gloriosa: nato nel 1945 negli Stati Uniti per eleggere una regina al giorno (A queen for a day), ha condito quiz, talk, crime, fino al capolavoro italiano della conta dei fagioli, quando Raffaella Carrà invitava gli spettatori ad azzeccare il numero di legumi nel barattolo trasparente. E poi le reti locali, le vendite notturne di gioielli e pentole, le cartomanti e i maghi in teleselezione. Ma la fragilità delle linee, il suono gracchiante delle voci, il rischio di bestemmie in diretta hanno eclissato il telefono e le cabine delle centraliniste. L’autore Giovanni Benincasa ha restituito la scena alle chiamate da casa con un’operazione in apparenza vintage. Conversazione (Raiplay) affida venti minuti al giorno a una celebrità che, davanti a un’inquadratura fissa, risponde alle domande del pubblico. Una voce viva di là dalla cornetta incalza, si complimenta, si confida, in un esercizio fuori dal tempo – la conversazione – che spiazza gli ospiti, li fa apparire quasi imbarazzati mentre raccontano il loro nome, cognome e professione. La loro delicata umanità, la mia nemesi. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1609 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati