La marabbecca è “una donna fatta di buio, che dal buio emerge per trasformare in buio anche te”. Chi è la marabbecca di questa storia è la domanda che ne accompagna la lettura. Forse è Clotilde, narratrice inattendibile ed ex fidanzata per tre anni di Igor, andato in coma dopo un incidente che ha coinvolto entrambi. Attraverso i flashback della protagonista si ripercorrono le tracce della violenza nella loro relazione, si scopre la natura manipolatrice e fredda di lui, i traumi e le gabbie di lei. Forse è Angelica, un po’ angelo e un po’ becchino, la ragazza che è spuntata fuori da un cespuglio causando l’incidente. O forse è Igor, presenza fantasma che nei timori di Clotilde è sull’orlo del risveglio. Il romanzo di Viola Di Grado si aggirava da qualche tempo sul mio comodino. Spesso mi capitano tra le mani libri faticosi, in cui è difficile entrare, invece Di Grado usa una scrittura che invischia subito, impigliando i personaggi in una rete che ipnotizza anche i lettori. In Marabbecca non c’è la città notturna e sognante di Shanghai di Fame blu, ma siamo in una Sicilia più plastica: “Il supermercato traboccava di frutta troppo matura, dai colori accesi più rivoltanti. Rosso sangue, giallo pus, viola come un livido. Pensare alla luce atroce di quest’isola che tira fuori dalla vegetazione colori estremi, morbosi”. La prosa è ugualmente magnetica. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1553 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati