È difficile che si replichi l’esperienza del piano Next generation Eu da 750 miliardi di euro finanziato in gran parte con l’emissione di debito comune. Sono molte le resistenze dei paesi più “frugali”. Ma tutte le discussioni sul finanziamento delle nuove ambizioni dell’Unione europea, come l’aumento delle spese militari, partono da una domanda: il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) italiano è stato un fallimento? Francesco Giavazzi, economista dell’università Bocconi, e Chiara Goretti, consigliera parlamentare del senato, hanno pubblicato un paper per il network di economisti Cepr con argomenti per l’ottimismo, soprattutto sull’effetto delle riforme impostate dal governo Draghi, con cui Giavazzi lavorava: calo dell’arretrato nei tribunali, liberalizzazione del mercato elettrico (con benefici incerti per gli utenti), riforma degli appalti. I partiti, invece, litigano ancora sui meriti dell’assegnazione dei duecento miliardi all’Italia dopo aver scoperto da una intervista a Paolo Gentiloni, commissario europeo per gli affari economici, che un algoritmo ha stabilito la quota di ogni paese in base agli effetti della pandemia. Era tutto sui siti della Commissione, ma i partiti non lo sapevano. Figurarsi se sono in grado di discutere i risultati del Pnrr. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1564 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati