Non è un gran periodo per l’economia tedesca: perfino la Volkswagen, azienda simbolo dell’industria automobilistica, sta valutando la chiusura di alcuni stabilimenti in Germania. La domanda di auto elettriche ha rallentato, il programma di risparmi non ha dato i risultati sperati (gli incentivi all’esodo dei dipendenti sono costosi) e l’azienda deve ancora ridurre i costi per dieci miliardi di euro all’anno entro il 2026. Questa volta non sarà la politica a intervenire a sostegno del settore automobilistico: il governo del cancelliere Olaf Scholz si dibatte da mesi nel tentativo di approvare un bilancio molto austero, dopo che la corte costituzionale ha reso più stringenti i limiti al debito pubblico.
In questi anni, mentre predicava disciplina fiscale agli altri, la Germania ha sostenuto le sue imprese con miliardi di sussidi pubblici, ora più difficili da mantenere. Secondo uno studio recente dell’istituto di ricerca Flossbach von Storch, in otto anni le aziende dell’indice Dax 40 della borsa di Francoforte hanno beneficiato di 44 miliardi di euro di aiuti pubblici di vario genere. La Volkswagen, con 6,5 miliardi di euro, è al secondo posto tra le aziende che hanno ricevuto di più. Soldi che ora, nella stagione dei licenziamenti, nessuno potrà chiedere indietro. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1579 di Internazionale, a pagina 93. Compra questo numero | Abbonati