In principio furono i Måneskin, spediti vittoriosi nelle classifiche mondiali. Poi vennero le coppe sportive e Draghi apprezzato statista. L’italian pride prende forma, e sfila sugli schermi, con abuso di tricolore in tutti i corredi grafici. E ora che la prossima edizione dell’Eurovision song contest, la manifestazione televisiva più seguita al mondo, si terrà in Italia il paese torna al suo vecchio campanilismo. Per vincere il bando e accaparrarsi la sede dell’Europa canora, le amministrazioni hanno ingaggiato una battaglia degna del rinascimento. Un’euforia municipale che non si vedeva dai tempi di Veltroni che voleva fare di Roma una nuova Parigi, o della Milano verde e verticale di Beppe Sala. Solo che a questo giro si sono buttati un po’ tutti, non solo i capoluoghi blasonati. C’è Bertinoro di Romagna, che si candida a nome della regione grazie all’esperienza accumulata in ospitalità e divertimento. Viterbo porta in dote la vasta rete dei borghi della Tuscia e l’idea di costruire un megacapannone. Anche Matera e le siciliane Acireale e Palazzolo Acreide rispondono all’appello, magnificando le potenzialità del territorio e garantendo tempi brevi per trasformarlo in qualcosa che si avvicini a Woodstock. Poche possibilità, lo sanno, ma è a suo modo confortante assistere allo spettacolo delle pro loco che risvegliandosi dal torpore muovono bolli, faldoni e visioni gareggiando al motto: “Il mio bando suona il rock”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1418 di Internazionale, a pagina 116. Compra questo numero | Abbonati