P echino è distante 6.500 chilometri dalla capitale ucraina Kiev, ma per la Cina la posta in gioco nella crisi che riguarda il futuro dell’Europa orientale è molto alta. Se la Russia invadesse l’Ucraina, scatenando un conflitto con gli Stati Uniti e i suoi alleati occidentali (in realtà uno scontro militare è improbabile), la Cina ne trarrebbe dei benefici. Gli Stati Uniti dovrebbero dirottare risorse strategiche per affrontare la Russia, e i suoi alleati europei sarebbero ancora più riluttanti ad aderire alla coalizione anticinese di Washington. Ma se il presidente statunitense Joe Biden riuscisse a disinnescare la crisi accettando alcune richieste di Vladimir Putin, la Cina si ritroverebbe in una situazione peggiore. Putin raccoglierebbe i frutti della sua diplomazia basata sull’uso della forza, Biden eviterebbe d’impantanarsi in Europa orientale e la Cina diventerebbe l’unica preoccupazione per la sicurezza nazionale statunitense.
Putin ha fatto una mossa rischiosa ma intelligente: ha fatto leva sulla paura di Biden di essere trascinato in un conflitto per ottenere delle concessioni fondamentali in materia di sicurezza. Ma invadere l’Ucraina – che significa diventare il principale avversario degli Stati Uniti – non rientra negli interessi del Cremlino. Le pesanti sanzioni occidentali e i costi di una rivolta in Ucraina indebolirebbero la Russia e renderebbero Putin impopolare in patria e più dipendente dal presidente cinese Xi Jinping all’estero.
Pechino sa che sostenendo esplicitamente Vladimir Putin infastidirebbe l’Unione europea, oggi il secondo più importante partner commerciale della Cina
Nonostante l’alta posta in gioco della crisi in corso, il governo cinese è stato molto prudente nel mostrare le sue carte. L’aumento delle tensioni in Ucraina domina i titoli dei mezzi d’informazione occidentali, ma è poco presente sulla stampa ufficiale cinese. Tra il 15 dicembre 2021 (quando Putin e Xi Jinping hanno organizzato un vertice online) e il 24 gennaio 2022 il Quotidiano del popolo, l’organo ufficiale del Partito comunista cinese, ha pubblicato solo un articolo sulla crisi, dedicato alle trattative inconcludenti tra la Russia, gli Stati Uniti e i loro alleati della Nato. Notevole è anche l’assenza di editoriali o commenti che esprimano il sostegno cinese a Mosca.
La reticenza di Pechino suggerisce che Xi Jinping sta attentamente valutando le sue prossime mosse. Di sicuro l’aggressiva diplomazia di Putin sta favorendo gli interessi cinesi, almeno per ora. Se il presidente russo decidesse d’invadere l’Ucraina e dirottare gli interessi strategici degli Stati Uniti lontano dalla Cina, tanto meglio. Ma visto che probabilmente non conosce le reali intenzioni del Cremlino (è difficile credere che Putin le abbia condivise), Xi Jinping resta comunque prudente.
Qualsiasi forma di sostegno cinese alle richieste di Putin potrebbe lasciare a Pechino poco spazio di manovra. Nella peggiore delle ipotesi, spingere Putin sul sentiero della guerra in alcuni circoli di Mosca potrebbe essere interpretato come una diabolica macchinazione cinese per usare la Russia come pedina strategica nella guerra fredda con Washington. In alternativa, se Putin accettasse dei compromessi per salvare la faccia ed evitare un possibile disastro, l’aver sostenuto le sue richieste si dimostrerebbe una mossa folle. A parte le incertezze strategiche, Xi Jinping sa che sostenendo esplicitamente Putin s’inimicherebbe l’Unione europea, oggi il secondo più importante partner commerciale della Cina. In base ai calcoli del governo di Pechino, è fondamentale evitare che gli Stati Uniti trascinino l’Unione nella sua coalizione anticinese.
L’indipendenza e la sicurezza dell’Ucraina sono fondamentali per l’Europa e i tentativi cinesi di aiutare Putin scatenerebbero forti reazioni a Bruxelles. Come minimo l’Unione europea potrebbe vendicarsi con la Cina limitando la condivisione di molte tecnologie ed esprimendo sostegno diplomatico a Taiwan. In particolare i paesi dell’Europa dell’est, che hanno meno legami commerciali con Pechino ma sono più minacciati dall’aggressività russa, sono in una posizione molto più forte rispetto agli altri stati dell’Unione per giocarsi la carta di Taiwan. Pochi all’interno del governo cinese pensano che valga la pena di correre questo rischio.
I dirigenti di Pechino sono realisti e sanno di poter fare poco per influenzare l’esito della crisi ucraina, anche se decidessero d’intervenire pubblicamente. È Putin ad avere in mano le carte, ed è improbabile che il sostegno diplomatico cinese modifichi le strategie dei principali protagonisti a Washington, Bruxelles o perfino Mosca. L’influenza cinese aumenterà solo se Putin deciderà d’invadere l’Ucraina, perché a quel punto avrà bisogno del sostegno economico di Pechino per attutire le conseguenze delle sanzioni occidentali.
Per ora, per quanto riguarda Xi Jinping, si tratta solo di ipotesi. Pur essendo una superpotenza, la Cina è ridotta al ruolo di spettatrice. Osserva, ansiosa e speranzosa, l’evoluzione della crisi ucraina. ◆ ff
Minxin Pei
è un professore cinese. Insegna scienze politiche al Claremont McKenna college, in California. Il suo ultimo libro è China’s crony capitalism (Harvard University Press 2016).
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Questo articolo è uscito sul numero 1446 di Internazionale, a pagina 39. Compra questo numero | Abbonati