In futuro, mentre cercheremo riparo da un sole bollente, la crisi climatica sembrerà anche troppo reale. Negli ultimi anni il Regno Unito ha subìto tempeste e inondazioni, ma quello che sta succedendo in questi giorni stabilisce una minacciosa discontinuità con la nostra idea di normalità. Il caldo è un pericolo per la nostra vita. L’atteggiamento della politica verso la crisi climatica cambierà. Finora la causa ambientalista è stata sostenuta dai giovani, dai progressisti e dagli ecologisti, mentre la maggioranza accettava i loro argomenti ma con scarsa convinzione. Va bene essere ambientalisti se i cambiamenti del nostro stile di vita riguardano sempre il futuro e le centrali eoliche non sono costruite vicino a noi. In Australia l’esperienza della siccità, degli incendi e delle morti ha trasformato una nazione scettica nei confronti della crisi climatica in un popolo di ecologisti, mettendo sulla difensiva una destra fino ad allora in ascesa. Presto il Regno Unito comincerà a seguirne l’esempio.
Questa non è un’ondata di caldo tradizionale, un momento in cui prendere il sole al parco. Nell’estate 2020 ci sono stati 2.500 morti in più per il caldo; quest’estate sarà peggio. E nessuno sa come reagiranno le nostre infrastrutture, che non sono state costruite pensando agli eventi climatici estremi. Le cancellazioni di treni, autobus e metropolitane sono probabili. Le reti elettriche e idriche reggeranno? E, se anche fosse, riusciremo a superare senza problemi luglio e agosto? Le temperature mondiali stanno aumentando. Come la quantità di carbonio nell’atmosfera. Le calotte polari si stanno sciogliendo a una velocità sconcertante. Il livello degli oceani sta crescendo, al pari degli eventi meteorologici estremi.
Nei quartieri della finanza di Londra si discute se sia meglio disinvestire completamente dalle aziende produttrici di combustibili fossili o sostenerle nella transizione
Un impegno globale per l’azzeramento delle emissioni entro il 2050 potrebbe limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali. Nel Regno Unito sono stati fatti dei progressi, soprattutto grazie alla decarbonizzazione dell’approvvigionamento energetico. Ci sono segnali di speranza – un’auto nuova su quattro comprata nel dicembre 2021 era elettrica – ma c’è ancora molto da fare. Agendo in questa direzione, i posti di lavoro non mancheranno: basterebbe riqualificare le case che oggi hanno un isolamento termico insufficiente, circa trenta milioni nel Regno Unito, e trasformare il sistema energetico. Ma ogni anno perso è un altro anno di anidride carbonica diffusa nell’atmosfera che si aggiunge a quella già esistente e che rende più probabile il caldo di questi giorni. Non fare niente significa esporsi a rischi economici e sociali nei prossimi cinquant’anni.
Ma agire costerà. L’innovazione da sola non salverà la situazione. L’organizzazione indipendente Climate change committee ha stimato per il Regno Unito un costo di cinquanta miliardi di sterline all’anno (circa 58 miliardi di euro). Per i politici di destra è impensabile. L’azione collettiva è un anatema: puzza di allargamento delle prerogative dello stato e implica l’idea di aumentare le tasse, la scienza è come un cavallo di Troia. C’è poco “noi” nella testa dell’ala più intransigente dei conservatori britannici. Il loro pensiero ruota intorno all’idea di aumentare la sovranità dell’io. Quindi estraete il petrolio e il gas, e bruciatelo! È quello che abbiamo sempre fatto, anche se le energie rinnovabili sono molto più economiche. La libertà personale è prioritaria. Le tasse devono essere ridotte. Le esigenze del pianeta devono passare in secondo piano. I conservatori non sono al passo con la scienza, con l’opinione pubblica e neppure con le opportunità commerciali: un triplo disallineamento che gli sarà letale.
In realtà si discute poco del fatto che agire contro la crisi climatica rappresenta una grande opportunità. Nel mondo dell’economia e della finanza i più lungimiranti si sono già impegnati a raggiungere le emissioni zero entro il 2050. Nei quartieri della finanza di Londra si discute se sia meglio disinvestire completamente dalle aziende produttrici di combustibili fossili o sostenerle nella transizione verso un nuovo modello; lontano dal mondo dei centri studi, degli editorialisti e delle chat di destra si dice che il cambiamento è necessario.
Una parziale reindustrializzazione è possibile grazie all’elettrificazione, alle rinnovabili, all’idrogeno, alle nuove forme di agricoltura, alle auto elettriche, e alla riqualificazione del patrimonio immobiliare. Un capitalismo che riparta da zero potrebbe contemporaneamente portare alle emissioni zero e a un salto di qualità: una visione necessaria e conveniente dal punto di vista economico.
Nei prossimi giorni soffrirete il caldo e le vostre preoccupazioni aumenteranno, ma consolatevi. Quest’esperienza sta creando conversazioni private che, alla fine, procureranno una risposta collettiva. Per quanto riguarda lo scetticismo nei confronti della crisi climatica, la destra britannica si sbaglia. E di certo questa non è la strada per vincere le elezioni. ◆ ff
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Questo articolo è uscito sul numero 1470 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati